La Pop-Art
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Lo slideshow presenta alcune delle opere dei principali artisti appartenenti alla "Pop-Art". Un punto di partenza per illustrare le personali tensioni, visioni e interpretazioni dell'arte.
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Di seguito l'elenco degli artisti appartenenti alla Pop-Art o assimilabili (come gli appartenenti alla corrente New-Dada) presenti nella galleria di immagini (slideshow) precedente, organizzati in ordine cronologico e con link di approfondimento a Wikipedia.
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Roy Lichtenstein |
1923 – 1997 |
wiki | |
George Segal |
1924 - 2000 |
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Robert Raushenberg |
1925 – 2008 |
wiki | |
Andy Warhol |
1928 – 1987 |
wiki | |
Claes Oldenburg |
1929 |
wiki | |
Jasper Johns |
1930 | wiki | |
Tom Wesselmann |
1931 – 2004 |
wiki | |
James Rosenquist |
1933 |
wiki | |
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Confronto: Cubismo, Astrattismo, Pop-Art
Prendendo ad esempio il tema del toro delineato e proposto a vari livelli di astrazione da Pablo Picasso (il massimo esponente del Cubismo), confrontiamolo con lo stesso tema interpretato da Theo Van Doesburg, uno dei massimi esponenti del Neoplasticismo - De Stijl (tra i grandi esponenti dell'Astrattismo) e da Roy Lichtenstein, uno dei massimi esponenti della Pop-Art).
Le illustrazioni proposte possono essere scaricate in formato .pdf (un click sulle immagini sottostanti).
Pablo Picasso, Toro, 1946, Coll. Bernard Picasso, Parigi
Theo Van Doesburg, “Composizione VII (il toro)”, 1917, MoMA, New York
Roy Lichtenstein, “Bull”, 1973, Litografia, serigrafia e fotoincisione
Picasso realizza uno studio del toro valorizzandone prima la forma e il volume e poi via via riducendo all’essenziale tutto.
Van Doesburg si ispira direttamente alla notissima sequenza dei tori di Picasso semplificando la forma fino alle figure geometriche elementari e ai colori primari.
Lichtenstein, pittore della pop art americana riprende entrambe le esperienze precedenti con la sua tecnica estremamente efficace e semplice ispirata alla grafica e al fumetto.
Testi di approfondimento. Testi che delineano gli elementi essenziali del periodo artistico affrontato. File in formato .pdf.
Andy Warhol: Time Capsules. Uno dei progetti artististici più straordinari dell'artista: una serie di piccole scatole di cartone marrone tutte uguali (che alla fine della sua vita supereranno le seicento unità), con oggetti legati a momenti della sua esistenza.
Oramai finita la seconda guerra mondiale, l’Informale sicuramente ben rappresentò un certo clima culturale esistenzialistico tipico degli anni Cinquanta. La sua carica pessimistica di fondo fu compresa, tuttavia, solo da una ristretta cultura d’élite.
Ben presto mostrò la sua inattualità nei confronti di una società in rapida trasformazione e gli anni intorno al 1960, sempre più caratterizzati da una società di massa dominata dai tratti positivi e ottimistici del consumismo, ebbero riflesso nell’arte, che diede vita negli Stati Uniti alla Pop-Art: felice incontro tra arte e cultura dei mass-media.
Intorno al 1955 ad opera di Robert Raushenberg e Jasper Johns, ma con una vera e propria esplosione soprattutto nel decennio degli anni ’60, conoscendo una prima diffusione e consacrazione con la Biennale di Venezia del 1964.
Se sono soprattutto Lichtenstein e Warhol, i massimi rappresentanti di questa corrente artistica, che analizzano il rapporto fra società e strumenti di comunicazione di massa interpretando la pittura secondo lo stile fumettistico (Lichtenstein) e servendosi soprattutto del mezzo fotografico (Warhol), i maggiori rappresentanti di questa tendenza sono comunque tutti artisti americani: Andy Warhol, Claes Oldenburg, Tom Wesselmann, James Rosenquist e Roy Lichtenstein.
In ciò si definisce anche una componente fondamentale di questo stile: essa appare decisamente il frutto della società e della cultura americana. Cultura largamente dominata dall’immagine, proveniente dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità, dai rotocalchi, dal paesaggio urbano largamente dominato dai grandi cartelloni pubblicitari.
La Pop Art ricicla tutto ciò in pittura ispirandosi ad immagini della società consumistica e della cultura popolare. Fumetti, pubblicità e prodotti di massa giocano tutti un ruolo in questo movimento, definito da Richard Hamilton come: "popolare, transitorio, usabile, economico, prodotto in massa, giovane, spiritoso, sexy, atletico, affascinante, ed un grosso affare".
La Pop Art rifà in maniera fredda e impersonale le immagini proposte dai mass-media.
Si va dalle bandiere americane di Jasper Johns alle bottiglie di Coca Cola di Warhol che riproduce con ripetitività nella intenzione di annullarne il significato originario, dai fumetti di Lichtenstein alle locandine cinematografiche di Rosenquist, dal kitch di Wesselman agli oggetti di uso comune ingigantiti di Oldenburg.
Ogni autore si esprime con un proprio linguaggio tanto che è quasi impossibile non riconoscere ad esempio le opere di un Segal, che ripete figure umane realizzate in gesso a grandezza naturale, colte nell'atto di compiere i gesti quotidiani, che comunicano tutta l'angoscia esistenziale della società dei consumi, in cui l'uomo viene visto solo nell'ottica del potenziale consumatore.
La Pop Art documenta in modo preciso la cultura popolare americana (da qui quindi il suo nome, dove pop sta per diminutivo di popolare), trasformando in icone le immagini più note o simboliche tra quelle proposte dai mass-media.
L’apparente indifferenza per le qualità formali dei soggetti proposti, così come il procedimento di pescare tra oggetti che apparivano triviali e non estetici, ha indotto molti critici a considerare la Pop Art come una specie di nuovo Dadaismo. Ciò può apparire in parte plausibile, ma diverso è il fine a cui giunge la Pop Art. In essa infatti è assente qualsiasi intento dissacratorio, ironico o di denuncia.
Il più grosso pregio della Pop Art rimane invece quello di documentare, senza paura di sporcarsi le mani con la cultura popolare, i cambiamenti di valori indotti nella società dal consumismo. Quei cambiamenti che consistono in una preferenza per valori legati al consumo di beni materiali e alla proiezione degli ideali comuni sui valori dell’immagine, intesa in questo caso soprattutto come apparenza.
“Ciò testimoniano nuovi idoli o miti, in cui le masse popolari tendono a identificarsi. Miti creati dalla pubblicità e dai mass-media, che proiettano sulle masse sempre più bisogni indotti, non primari, per trasformarli in consumatori sempre più avidi di beni materiali”.
Un quadro di Warhol, che ripete l’ossessiva immagine di una bottiglia di Coca Cola, testimonia come quell’oggetto sia oramai diventato un referente più importante, rispetto a altri valori interiori o spirituali, per giungere a quella condizione esistenziale che i mass media propagandano come vincente nella società contemporanea.
La sfrontatezza dei contenuti è spesso sottolineata da tecniche di tipo fotografico in pittura e da una minuta attenzione al dettaglio nella scultura.
Fotomontaggio, collage e assemblaggio sono altre tecniche comuni nella Pop Art.
La cosiddetta critica alla società dei consumi, degli hamburger, delle bevande, delle minestre in scatola, delle auto, dei fumetti, delle stars musicali e cinematografiche si trasforma presto in merce.
In oggetti che pur essendo spesso "prodotti in serie" si pongono sul mercato dell'arte completamente fagocitati nella sua logica imprenditoriale e mercantile.
La Pop art si sviluppa in varie direzioni, dove centrale è, comunque, l'oggetto e la sua sempre più evidente caratteristica di merce legata ad un logo.
Molto spesso l'interesse dell'artista sembra rivolto alla vita quotidiana dell'uomo contemporaneo e a quel mondo artificiale costituito dagli innumerevoli prodotti industriali d'uso comune e dai mezzi di comunicazione di massa.
E' un mondo colorato, gigante e sembra volere comunicare allegria… ma nasconde l'ansia di una angoscia esistenziale che si cela dietro i colori pieni e vivaci, le superfici lucenti fatte di smalto o di plastica.
“Una società che conosce soltanto il presente e non ha pietà per ciò che non serve più, il passato”.