L'Optical-Art
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Lo slideshow presenta alcune delle opere dei principali artisti appartenenti alla "Optical-Art" (o Op-Art). Un punto di partenza per illustrare le personali tensioni, visioni e interpretazioni dell'arte.
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Di seguito l'elenco degli artisti appartenenti alla Op-Art (compresi artisti considerati precursori del movimento) presenti nella galleria di immagini (slideshow) precedente, organizzati in ordine cronologico e con link di approfondimento a Wikipedia.
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Josef Albers |
1888 – 1976 |
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wiki |
Victor Vasarely |
1906 – 1997 |
wiki | ||
Maurits Cornelis Escher |
1898 – 1972 |
wiki |
Yaacov Agam |
1928 | wiki | |||
Bridget Riley |
1931 | wiki | ||||||
Getulio Alviani |
1939 | wiki | ||||||
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La Optical art è un movimento di arte astratta sviluppatosi negli anni Sessanta. La Op (abbreviazione di optical) Art esplora i limiti della visione umana: l'artista gioca con l'osservatore creando immagini geometriche che sembrano vibrare e pulsare.
Caratterizzata dall'approfondimento di ricerche ottico-percettive condotte nell'ambito del Bauhaus, del Futurismo e del Dadaismo, per quanto le opere Op-Art possano, a prima vista, sembrare dei virtuosismi ad effetto, in realtà esse si basano sui rigidissimi codici visivi e fondamenti scientifici relativi allo studio della percezione visiva. Tali opere, che si rifanno a regole percettive universali basate su sperimentazioni grafiche che attengono ai fenomeni della Gestalt, indagano sui rapporti causa effetto tra l'immagine e lo sguardo dell’osservatore, tra l'oggetto e il soggetto ricevente.
Le due tecniche principali utilizzate per raggiungere questo effetto sono le prospettive illusorie e la tensione cromatica: protagoniste assolute sono le texture (o gradients) e i patterns, che concorrono a suggerire effetti tridimensionali, o addirittura suggeriscono il movimento.
Il movimento artistico preceduto da esperienze sulla percezione che risalgono agli anni 1920, si manifesta inizialmente verso la fine degli anni Cinquanta.
Gli artisti della Op-Art si servono delle tecniche industriali per ricreare i loro effetti ottici e di movimento, e di congegni meccanici, luminosi, elettromagnetici, oltre ad i classici accostamenti di colori netti a linee, punti, forme geometriche che destano nell'osservatore reazioni ottiche e psicologiche.
Il fruitore di un'opera Op viene invitato a completare l'opera con il suo personale intervento. Le opere si realizzano nella ricerca dei gradienti, in un tentativo di ottenere attraverso trame strutturali diverse, effetti più di carattere psicologico che estetico.
In America fu proposta ufficialmente a New York nel 1965, nella grande mostra di arte astratta percettiva, nella quale si evidenziò la personalità di Poons; in Europa tali ricerche furono seguite da: Soto, Agam, Munari, Gerstner e Bury.
Le opere Op sono anche definibili ottico-cinetiche nel senso che si include il movimento anche da parte del fruitore. Quando l'osservatore si sposta si ottengono effetti diversi.
Uno degli artisti maggiormente noti è senza dubbio il francese Victor Vasarely, che con “Vega 200” nel 1968, portò all'attenzione di un vasto pubblico la Optical art, con una sorta di simulazione della terza dimensione ottenuta nella bidimensionalità di un quadro, attraverso la deformazione in senso sferico - l'effetto sfera che oggi conosciamo nei programmi di elaborazione grafica computerizzata- della immagine, e colori contrastanti.
Le opere di Albers invece ruotano quasi tutte nei contrasti cromatici e si basano su forme geometriche semplici come il quadrato, giocate nei loro valori dimensionali, che si prestano ad infinite combinazioni.
Senza dimenticare l’enorme debito che la Optical art ha nei confronti di M. C. Escher.